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Museo Archeologico Nazionale Antiquarium Turritano e Area Archeologica - Porto Torres

Orecchini

Orecchini

Pur non potendo accedere alle cariche pubbliche ed essendo molti mestieri e professioni a loro interdetti, le donne della società romana amavano comunque partecipare all’ostentazione del proprio status sociale insieme ai loro mariti. Uno dei modi per dimostrare ricchezza di mezzi e benessere economico era quello di sfoggiare ricchi gioielli e monili o, quando questo non era possibile e secondo un’usanza che perdura nel tempo, servirsi di buone imitazioni realizzate con materiali più poveri, ma egualmente di grande effetto. Questi begli orecchini con struttura in oro, inquadrabili nel II secolo d.C. e rinvenuti nella tomba 22 della necropoli meridionale di San Gavino, presentano un castone rettangolare riempito con pasta vitrea verde, ad imitazione del più caro smeraldo. Al di sotto è presente un elemento in metallo a forma di doppia goccia e un pendente amigdaloide in pietra dura nera. L’uso di sfoggiare gioielli è un tratto ricorrente nel mondo antico e una caratteristica alla quale non sfugge nemmeno la società conservatrice e morigerata della Roma repubblicana: nel 215 a.C. il Senato approvò una legge (Lex Oppia) che stabiliva in mezza oncia (circa 13 grammi) il peso massimo consentito dell’oro che poteva essere indossato da una matrona romana. Il provvedimento generò diverse proteste e verrà prontamente revocato.