Chiodi in bronzo
Provengono dalla tomba 68 (I-II secolo d.C.) della necropoli meridionale di Turris Libisonis questi chiodi in bronzo, caratterizzati da lungo corpo e ampia testa. Utilizzati in genere per lavori di carpenteria, i chiodi hanno un impiego ampiamente attestato anche nelle sepolture, a volte semplicemente per chiudere la cassa lignea, altre volte con un significato più profondo e legato alle credenze e alle superstizioni delle genti che seppellivano i defunti. Sono stati infatti ritrovati numerosi chiodi posti all’interno delle fosse, a volte come accompagnamento del defunto, come nel caso di questa sepoltura turritana, altre in posizioni che denotano la presenza di rituali per imprigionare il morto o il suo spirito, come nelle note sepolture anomale dei siti dell’Emilia Romagna e di altre zona dell’Italia e del Mediterraneo. Chiodi sono stati rinvenuti sul torace o sul corpo del defunto, una scelta che ha fatto ipotizzare la presenza di rituali di maledizione. Il ritrovamento di chiodi infissi sui resti dei corpi inumati è stato anche interpretato come una testimonianza di pratiche di tortura ed esecuzione o di rituali eseguiti sui cadaveri, forse con lo scopo di immobilizzare e rendere inoffensivo il defunto e per evitare una sua nefasta influenza sul mondo dei vivi.