La vestale Flavia Publicia
All’interno della ricca documentazione epigrafica turritana spicca una raratabella immunitatis bronzea a forma di tabula ansata, accuratamente rifinita con un processo di niellatura: al momento della scoperta l’oggetto faceva parte, insieme a numerosi altri reperti archeologici di epoca romana imperiale, degli strati di riempimento realizzati alla fine del XIX secolo per la costruzione di un pontile d’attracco, demolito tra il 2006 e il 2008 nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del bacino portuale di Porto Torres. La targa, databile alla metà del III sec. d.C., all’epoca dell’imperatore Filippo l’Arabo, era affissa sullo scafo di una piccola imbarcazione (cumbus) di proprietà della vergine Vestale Massima Flavia Publicia, figlia di Lucio, esente dalle imposte (i portoria) che a Turris erano riscosse da funzionari preposti all’amministrazione portuale. L’antichissimo ordine religioso femminile delle vergini Vestali a Roma beneficiava di particolari privilegi sociali, era immensamente ricco e godeva di una lunga serie di esenzioni di varia natura: dall’esonero dalla fornitura obbligatoria dei cavalli allo Stato, all’immunità in differenti attività, non soltanto fondiarie e commerciali ma anche marittime e portuali. L’imbarcazione di Flavia Publicia, che nella sua insegna portava il nome Porphyris (e che dunque potrebbe verosimilmente aver avuto uno scafo dipinto di un bel rosso purpureo, ben distinguibile dalle altre imbarcazioni all’ingresso nei porti nei quali transitava), doveva essere di modeste dimensioni, preferibilmente destinato ai viaggi lungo distanze brevi e particolarmente adatto alla navigazione di tipo fluviale, ma probabilmente capace di percorrere anche rotte mediterranee più ampie: forse dobbiamo immaginare che la piccola barca avesse viaggiato al seguito di una grande nave oneraria proveniente da Ostia, ipotizzando un possibile collegamento tra le iniziative commerciali marittime della Vestale ed eventuali proprietà agrarie possedute nell’agro turritano, o comunque in Sardinia, da Publicia o dal suo facoltoso e prestigioso ordine sacerdotale. La menzione dello schiavo Eudromus sulla tabella, fosse esso il timoniere della nave o un semplice marinaio addetto al carico o allo scarico delle merci, era necessaria per chiarire inequivocabilmente che sia il cumbus Porphyris, sia lo schiavo Eudromus ad esso collegato, erano totalmente immuni dal pagamento di dazi e tasse portuali. L’iscrizione può essere tradotta così:
«La barca del Porto con l’insegna “Porphyris” è di Flavia Publicia, vergine Vestale Massima, esente dai dazi per la “sua navicella marina” ed è firmato dallo schiavo Eudromus.