Le Domus de Janas
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Nel Neolitico (dal 6.000 circa a.C.) vennero introdotte l’agricoltura e l’allevamento e i gruppi umani iniziarono a diventare sedentari. Si diffuse quindi un nuovo stile di vita e, di conseguenza, anche un nuovo modo di seppellire i morti.
In Sardegna, a partire dal Neolitico Medio (Cultura Bonu Ighinu – 4.300-4.000 a.C.) e in maniera maggiore durante il Neolitico Recente (Cultura di Ozieri – 3.300-2.900 a.C.), si diffuse il fenomeno dell’ipogeismo, le tombe cioè venivano scavate nella roccia: su colline e pendii, ma anche su affioramenti rocciosi orizzontali e in grandi rocce isolate. Questo tipo di tombe, realizzate con strumenti di pietra, come picconi e scalpelli, erano costituite da numerosi ambienti (celle) di forme e dimensioni diverse.
Queste sepolture sono chiamate in sardo Domus de Janas, ovvero “Case delle fate”: nelle leggende locali, infatti, questi luoghi erano abitati dalle “Janas”, esseri femminili di bassa statura, che tessevano splendide stoffe d’oro.
Le tombe erano spesso riunite a formare una vera e propria città per i defunti (la necropoli) ed erano spesso strutturate come case (con decorazioni che imitavano, ad esempio, le porte, i tetti, ma anche i letti, i tavolini o i tessuti appesi alle pareti).
Il territorio prima della colonia
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